Corporazioni religiose soppresse

Estremi cronologici: 1305 - 1879 con documenti in copia dal sec. XIII

Consistenza: 285 voll. contenuti in bb.

Versamenti: Ufficio tecnico erariale di Benevento dell'8 settembre 1955; Uffici del Registro di Airola dell'11 maggio 1956 e di Cerreto dell' 8 e 17 ottobre 1964; Archivio di Stato di Napoli del 4 marzo 2008.

Le corporazioni soppresse

Gli ordini e le corporazioni religiose subiscono più volte un provvedimento di soppressione nel corso del XIX secolo. Limitandoci alle vicende del capoluogo, già il 2 maggio del 1799 Carlo Popp, che sostituisce Andrea Valiante quale commissario organizzatore nell’amministrazione francese della città di Benevento, ordina la soppressione dei conventi, ma l’efficacia della disposizione è limitata dal fatto di essere stata emanata solo un mese prima dell’ingresso in città dei militi del cardinale Ruffo e della fine dell’esperienza rivoluzionaria.

La soppressione si ripropone sette anni dopo, con il decreto del 17 agosto 1806, uno dei primi atti del Principato di Talleyrand, che dispone la chiusura di diciannove tra ordini e conventi:

  • il monastero di S. Sofia dei canonici regolari del salvatore;
  • i padri missionari del Ss. Redentore;
  • il collegio dei Crociferi; 
  • il collegio dei chierici regolari delle scuole pie;
  • il collegio di S. Modesto dei canonici regolari di S. Giovanni in Laterano;
  • gli agostiniani; 
  • i domenicani;
  • il convento dei padri di S. Teresa; i celestini;
  • i conventuali di S. Francesco; 
  • il convento dei padri del Carmine;
  • il convento dei servi di Maria; 
  • il convento di S. Giovanni di Dio; 
  • il convento dei minori osservanti;
  • il convento dei padri cappuccini;
  • i conventuali di S. Antonio; 
  • il convento delle benedettine di S. Pietro;
  • il convento delle benedettine di S. Vittorino;
  • il convento delle orsoline.

Incisione con lo stemma del cardinale Orsini incollata sul risguardo anteriore dei volumi di cui il cardinale arcivescovo vista l’indice


Incisione con lo stemma del cardinale Orsini, incollata sul risguardo anteriore dei volumi di cui il cardinale arcivescovo vista l’indice

Gli archivi - oggetto nei primi decenni del secolo XVIII di un’attenta opera di riordinamento e ricondizionamento voluta dall’arcivescovo Orsini - vengono concentrati nell’archivio ducale, posto nel collegio di S. Filippo Neri, per tornare poi ai singoli enti una volta ripristinato il dominio papale, quando la Segreteria di Stato, con dispaccio del 10 aprile 1816, comunica al delegato apostolico che «… la santità di nostro signore, sentito il parere della Sacra congregazione della riforma, aderendo alle istanze di codesto cardinale arcivescovo, ha benignamente acconsentito che tutti i locali e beni invenduti delle corporazioni religiose di codesta città e diocesi siano posti a disposizione di detto eminentissimo arcivescovo, il quale è incaricato di ripristi-nare varii monasteri e conventi ed erogare il rimanente dei fondi in altri usi pii a norma di un piano esibito ed approvato».


Analoghe vicende subiscono le corporazioni religiose nei comuni appartenenti al regno di Napoli, quando il 7 agosto 1809, a conclusione di una serie di provvedimenti emanati da Giuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat dispone la soppressione di tutti gli ordini possidenti.


Il 17 febbraio 1861 Eugenio di Savoia, luogotenente del re, estende alle province napoletane la legge sabauda del 29 maggio 1855 n. 878 (legge Rattazzi), che abolisce tutti gli ordini religiosi privi di utilità sociale, ovvero che «non attendessero alla predicazione, all’educazione, o all'assistenza degli infermi», e ne espropria i conventi. Nel 1866, con la legge n. 3036 del 7 luglio, si nega il riconoscimento a tutti gli ordini, le corporazioni, e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori ed ai ritiri che comportino vita in comune ed abbiano carattere ecclesiastico. La legge n. 3848 del 15 agosto 1867, infine, sopprime tutti gli enti secolari ritenuti superflui dallo Stato per la vita religiosa del Paese: restano esclusi seminari, cattedrali, parrocchie, canonicati, fabbricerie e ordinariati.

Alcuni momenti del trasferimento dall’Archivio di Stato di Napoli a quello di Benevento

I beni degli enti soppressi sono incamerati dal demanio statale, gli edifici conventuali sono trasformati in caserme, carceri e tribunali, gli archivi sono affidati alla custodia dell’Ufficio del registro di Benevento: potremmo dire un affidamento incauto, dal momento che la Sovrintendenza dell’Archivio di Stato di Napoli nel 1950 rinviene le carte dei monasteri soppressi della provincia di Benevento nel materiale destinato al macero e ne ottiene il versamento al proprio istituto.

Ci sono voluti più di cinquant’anni e la tenacia del direttore Taddeo per acquisire quei documenti al patrimonio dell’Archivio di Stato di Benevento, dove si sono aggiunti ai pochi volumi a suo tempo versati dall’Ufficio tecnico erariale e, con non poche resistenze, dagli Uffici del registro di Airola e di Cerreto Sannita.

Una parte cospicua degli archivi delle corporazioni religiose soppresse, prevalentemente su supporto pergamenaceo, è ancora impropriamente custodita dal Museo del Sannio, ma sulla dispersione della documentazione statale si rinvia a quanto illustrato in altra parte di questa guida.

Il fondo è stato trasferito da Napoli con il corredo di un elenco dei volumi.

È in corso la redazione dell’inventario e la completa digitalizzazione.



Strumenti di ricerca

Inventari

Inventario Corporazioni religiose soppresse Benevento

Inventario Corporazioni religiose soppresse trasferito da Napoli

D. Iadanza, Convento di S. Agostino e Oratorio di S. Antonio Abate in Benevento, 2020

F. Massarelli, Monastero e Chiesa di S. Caterina in Benevento, 2019

G. Vetrone, Ordine dei frati predicatori in Benevento, 2011

Pagine correlate

Fondi documentari
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